18 dic 2007

A te, disegnatore...come me.

Presentazione di Stefano Disegni tratta dal libro "Disegnare stanca" di Maurizio Pracucci.

[...] io stimo il tuo coraggio (se sai quello che ti aspetta) o apprezzo la tua incoscienza (se non te ne sei ancora reso conto). Permettimi di raccontare a te e a chi pensa che il nostro mestiere consista nel fare gli zuzzurelloni che impiastricciano fogli ridacchiando tra loro, di quanta fatica, sofferenza ed ansia sia cosparso il nostro cammino.
Innanzitutto disegnare è morfologicamente più rischioso che parlare: se dici una stronzata puoi sempre sostenere che ti hanno capito male, che parlavi con un pollo in bocca, che sei svedese, insomma gliela puoi impapocchiare un po'.
Ma se la stronzata l'hai disegnata, non c'è scampo! Essa è là! Fissata sulla carta e immutabile nei secoli, ansiogena minaccia persino per i tuoi nipotini, ai quali potranno sempre dire "Guarda qua che stronzate disegnava tuo nonno!" e a nulla varrà loro parlare della lontananza anagrafica: gli tireranno fuori faccende come codici genetici e le tare ereditarie, e così saranno fregati anche loro per un disegno di 50 anni prima!
Voglio poi ricordare a chi ci dice ("ci" sta per "a me, a te, e a tutti gli autolesionisti come me e te") che lavorando ci divertiamo, di quanta solitudine, di quanto silenzioso trascorrere d'ore è fatto il nostro lavoro. Un calciatore ha 10 compagni che gli corrono intorno felici in mutande come lui. Un impiegato di banca fa un mestiere un po' così, ma può chiacchierare o litigare con clienti e colleghi. Anche il più ruvido e solitario dei ricercatori scientifici può sempre trombarsi la sua giovane assistente, fidando sul suo carisma professionale! Persino il becchino può contare su altri tre che lo aiutano nel suo faticoso trasporto, tre amici con cui ridere e scherzare durante il lavoro!
Noi no! [...] Scordatelo! Noi vignettisti-disegnatori siamo inesorabilmente soli con il nostro foglio bianco, in un Mezzogiorno di fuoco quotidiano, e la presenza di qualcuno che chiacchiera ci è inopportuna, ci distrae, non possiamo permettercela!
E quando il lavoro aumenta, quando le ore passate in solitudine e concentrazione diventano 6, 7, 8, 12 ecco affacciarsi lo spettro della psicosi maniaco-depressiva tipica di chi è tanto solo, che può accompagnarsi, mi dicono, addirittura a turbe della sfera sessuale, ma non è il mio caso.
Buon ultima, ti ricorderò la continua sottovalutazione da parte della committenza (giornali, editori) che si ostinano a considerare l'articolo scritto più nobile di quello disegnato, ergo, cioè, insomma noi siamo visti sempre come una sorta di eterni "Peter Pan" che non potendo esprimersi a livelli di Emmanuel Kant o Umberto Eco, si fanno capire come possono disegnando pupazzetti (ed ecco spiegato, in un certo senso, perchè, se un giornalista famoso tipo Bocca scrive una cazzatona, fioccano le stroncature e le analisi critiche, mentre se un vignettista famoso, di quelli che sono sulle prime pagine dei quotidiani più letti, pubblica una stronzata disegnata male e scritta peggio, nessuno ha da ridire, nessuno si indigna, tutto tace). Ma qui sto andando sullo sfogo personale, perciò la pianto.
Insomma, [...] onore a te per l'ostinazione eroica con cui continuerai a disegnare dopo questi miei avvertimenti[...]. Però quando un bel giorno di sole, sarai costretto nella penombra davanti a un tavolo, con 50 fogli da riempire entro 10 minuti [...], mentre la tua ragazza, stufa, sta facendo il suo ingresso nello spogliatoio di un cestista Yankee dai muscoli guizzanti, ecco, allora non dire "Disegni non me l'aveva detto".

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